Riassunto: Le malformazioni congenite del rachide costituiscono un insieme di anomalie vertebrali e costali che possono causare deformità del tronco stabili o, al contrario, progressive. Quando una malformazione vertebrale o costale congenita è progressiva e provoca deformità nel settore interessato o nei settori “normali” adiacenti, richiede un trattamento nella maggior parte dei casi di tipo chirurgico. Le tecniche di fusione spinale senza correzione non riescono a limitare la progressione della deformazione e sono spesso responsabili di gravi deformità dei settori adiacenti per effetto “camma”. Oggi vanno evitati e sostituiti da tecniche correttive che associano artrodesi vertebrale e stabilizzazione posteriore. Negli accessi posteriori, il posizionamento degli impianti è talvolta complesso a causa di anomalie morfologiche degli archi posteriori. Numerose strategie prevedono procedure di resezione vertebrale più o meno estese e osteotomie vertebrali più o meno complesse. Questi gesti delicati che possono comportare rischi neurologici sono tuttavia giustificati perché risultano efficaci nei casi di malformazioni congenite rigide, responsabili di squilibri posturali. Nei bambini piccoli, gli strumenti vertebrali o costali provvisori possono essere utilizzati per il trattamento di alcune deformità congenite progressive, in particolare nei casi di malformazioni costali associate. Tuttavia, la stabilità meccanica di questi dispositivi è spesso limitata nel tempo e le complicanze meccaniche o infettive sono frequenti. Nonostante i trattamenti chirurgici per le deformità del rachide di origine congenita si siano sviluppati considerevolmente, le strategie terapeutiche utilizzate, soprattutto nei bambini più piccoli, vanno programmate caso per caso. Il rischio neurologico di questi interventi è reale, in particolare nella regione toracica e in caso di necessità di un’osteotomia del corpo vertebrale. La padronanza tecnica della procedura associata a una buona pianificazione preoperatoria garantisce una relativa sicurezza, rafforzata dall’uso di un monitoraggio elettrofisiologico peri-operatorio di qualità.