Artroscopia del gomito

P. Mansat, S. Delclaux, N. Bonnevialle

Da oltre 30 anni l’artroscopia del gomito continua a progredire. La tecnica si è evoluta in particolare con l’impiego di nuove vie d’accesso. Se la tendenza iniziale era quella di utilizzare quattro vie d’accesso (due anteriori e due posteriori), l’aumento delle indicazioni ha condotto la maggior parte dei chirurghi ad aumentarne il numero. L’obiettivo è associare alla via classica strumentale una via supplementare per l’introduzione di divaricatori. Le vie d’accesso più a rischio sono quelle anteriori. Più sono prossimali rispetto all’epicondilo, più sono distanti dalle strutture vascolo-nervose. L’insieme delle vie d’accesso posteriori è relativamente sicuro, gli elementi vascolo-nervosi sono sufficientemente distanti dai punti d’accesso. Le indicazioni più comuni riguardano l’ablazione di corpi estranei, l’osteocondrite dissecante, la patologia sinoviale, l’artrolisi chirurgica, l’artrosi del gomito, il conflitto posteromediale, e infine il trattamento dell’epicondilite laterale. Altre indicazioni restano meno frequenti, o in via di validazione, come il trattamento di alcune fratture articolari o dell’instabilità posterolaterale del gomito. Si può effettuare un intervento endoscopico anche per la liberazione del nervo ulnare o per gesti extra-articolari di borsite preolecranica e di reinserimento dei tendini del bicipite o del tricipite. Il tasso di complicanze legato a questa tecnica si attesta intorno al 10-12%, il cui 4% per danno neurologico.

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