I traumi della clavicola sono rappresentati essenzialmente dalle fratture, distorsioni e lussazioni delle sue estremità, vale
a dire le lussazioni acromioclavicolari (LAC) e sterno-costo-claveari (SCC). Le fratture del terzo medio della clavicola non
consolidano così spesso (7 a più del 30% delle pseudoartrosi secondo le serie) e i casi viziosi non sono così banali come
sembra. Così, la tendenza attuale è di operare con mezzo stabile e solido le fratture semplici con notevole dislocazione
dei frammenti e le fratture complesse in cui i frammenti sono verticalizzati e minacciano talvolta la cute. Le fratture delle
estremità, quando sono molto vicine alle articolazioni acromioclavicolari e SCC, obbediscono alle stesse regole di trattamento
delle lussazioni. Per quanto riguarda le LAC, il trattamento chirurgico sembra la scelta migliore per gli stadi III di
Julliard (stadi IV e V di Rockwood). Gli stadi II di Julliard (stadio III di Rockwood) possono essere trattati in maniera funzionale
sapendo che in caso di dolore ulteriore il trattamento chirurgico secondario dà risultati altrettanto soddisfacenti a
quelli delle lesioni recenti. I trattamenti chirurgici sono assai numerosi, ma i trattamenti “moderni” non possono esimersi
dalle grandi regole di questa chirurgia: riduzione perfetta della lussazione, stabilizzazione solida e fedele della riduzione e
riparazione minuziosa della fascia delto-trapezoidale. Le lussazioni SCC sono molto più rare delle LAC. Le lussazioni posteriori
possono generare una compressione della trachea, dell’esofago e talvolta dei grandi vasi. Se le lussazioni anteriori
sono talvolta ben tollerate, le lussazioni posteriori lo sono raramente, motivo per il quale si ricorre spesso a un trattamento
chirurgico. I fili di stabilizzazione devono essere vietati, tenendo conto del rischio di complicanza letale in caso di migrazione
intratoracica degli stessi. Le tecniche sono molteplici ed è necessario scegliere quelle che risultano meno invasive